***
Andre'
era seduto sullo sgabello in cucina. La bottiglia di brandy in una mano.
Era triste e consapevole che era inutile bere e ridursi in quello stato,
ma non poteva rinunciarci. Con quel suo gesto sconsiderato l'aveva persa
per sempre ed aveva compromesso anche la loro amicizia.
Quel
giorno sarebbe rientrata dalla sua vacanza in Normandia e lui non sapeva
ancora se lei gli avrebbe quantomeno rivolto la parola. Provava vergogna
per ciò che aveva fatto, avrebbe voluto tornare indietro nel tempo
e cancellare quell'atto. In fondo pero', nel suo cuore, non era pentito,
anche se sapeva di avere esagerato. Il suo sguardo terrorizzato e impietrito…non
l'avrebbe mai dimenticato; in quel momento aveva capito che gli sarebbe
bastato pochissimo per farle del male. L'aveva dominata, la sua forza maschile
l'aveva sopraffatta….Dio! Il suo sguardo! Così impaurito, gli occhi
azzurri sbarrati a fissare quel volto che non riconosceva più…no!
Giurò a se stesso che mai e poi mai avrebbe ripetuto un simile comportamento.
Un
altro sorso e poi basta…ma era così buono, era così confortante…
<<
Andre'! Andre'! Dove sei Andre'!>> La nonna lo stava chiamando e sarebbe
stato meglio che non l'avesse trovato con la bottiglia in mano. Si riscosse
dai suoi pensieri e ripose la bottiglia nello scaffale.
<<
Eccomi..arrivo…>> rispose con aria assente. La nonna era fuori, nel cortile
che parlava con una ragazza a lui sconosciuta:
<<
Ah eccoti qui Andre', vieni ti presento Colette, da oggi lavorera' al nostro
servizio>>".
La
ragazza si volto' e i loro sguardi si incrociarono.
<<
Colette, questo e' mio nipote Andre', rivolgiti pure a lui per qualsiasi
cosa. ..Andrè, Colette alloggerà nella stanza che era
di Gilbert'…Andre' non restare li' impalato! Mostrale la strada! Su, coraggio
che ci sono ancora molte cose da fare..>>. Dopo che la nonna se ne fu andata,
i due rimasero soli nel cortile di casa.
Fu
lei a fare la prima mossa.
<<
Bene Andre', piacere di conoscerti. Il mio nome lo sai, per favore, puoi
portarmi nel mio alloggio?>>
<<
Come? Ah certo, seguimi…>> Si avviarono verso la grande scalinata di casa
Jarjayes.
<<
Questo è il salone, di sopra ci sono le camere dei signori, noi
alloggiamo in mansarda>>
Andre'
si accorse che la ragazza lo stava guardando attentamente.
Troppo
attentamente.
<<
Il Comandante Oscar dorme in questa stanza? >> gli chiese indicando una
porta aperta. C'era la sua giubba appesa alla schiena di una sedia, vicino
al letto; di colpo quel letto gli fece tornare alla mente l'atto insano
a cui pensava prima. Un breve fremito, un veloce brivido lungo la spina
dorsale lo rese conscio di quanto la sua indole potesse essere fragile,
e quanto poco bastasse al Desiderio per prendersi il pieno comando delle
sue azioni.
<<
Andrè, ti ho chiesto se…? >> gli fece ella, indicandogli l'interno
della stanza e intanto sporgendosi verso di lui.
Le
colline dei suoi seni vennero accarezzate dalla calda luce proveniente
da una finestra alla loro sinistra.
Lei
pareva compiacersene. Ne era quasi divertita. Stano, assai enigmatico era
il suo sorriso appena accennato. Lo fissava con uno sguardo ingordo d'informazioni,
caldo della bramosia di una giovincella non ancora abituata alla vita matura,
e perciò smaniosa di fare conoscenze e amori.
Con
chiunque.
<<
..SSSSSSSSSi,..>> ..il ragazzo era impacciato, o per meglio dire era sciolto
come le colonne di marmo al piano di sotto, ai lati dello scalone. Pareva
una d'esse.
<<
Il Comandante Oscar e' molto famoso….si dice sia una donna bellissima….>>
Andrè
deglutì a vuoto. Faceva quasi tenerezza…
<<
..A-A..Al momento e' fuori. >> le rispose eludendo l'osservazione della
cameriera. Colette si voltò e lo fissò con aria sorniona
e un poco divertita. << Già, la governante me lo ha riferito..ha
detto che dovrebbe rientrare oggi..>> sorrise. Pericolo.
Le
aprì la porta della sua stanza.
<<
Ecco, tu starai qui, la nonna ti ha già spiegato i nostri orari
vero? >>
<<
Si. >> rispose lei evasivamente, guardandosi intorno con aria quasi annoiata.
Si
mise a camminare in tondo per la camera come una bambina viziata e capricciosa.
Una "monella", insomma.
<<
..Bene, allora ci vediamo… >> Andre' aveva fretta di andarsene, quella
ragazza lo metteva in imbarazzo e non ne capiva il motivo.
<<
Andre'! >>
Voltandosi,
vide che Colette lo osservava con aria molto divertita. Gli disse:
<<
Andre', dove alloggi tu? Sai, per qualsiasi evenienza…o bisogno, sai… >>
Deglutì
di nuovo.
<<
..Qui a fianco - disse con aria imbarazzata - ..q-qui a fianco, l'altra
porta. >>
Lei
gli fece un gran sorriso. << ..Ah-a, capito. ..Grazie, Andrè.
>>
Lui
fece un goffissimo cenno d'assenso col capo. Parve più che avesse
ricevuto una mazzata alla nuca da un avventatore invisibile. Lei lo notò
e il sorriso le si allargò ulteriormente.
Andrè
si allontanò, senza voltarsi. Quella ragazza aveva un certo magnetismo
e, cosa che lo metteva più a disagio, era consapevole della sua
avvenenza. "Potrebbe far strada, se volesse…"- pensò lui, malignamente.
***
<<
Oscar, tesoro!>> Era a casa. Tutto sarebbe tornato alla normalità,
così almeno sperava.
<<
Buongiorno madre >>
<<
Oscar, spero ti sia riposata; va' in camera tua, chiamo subito una cameriera
che ti aiuti.>>
Quando
entrò nel salone sentì il profumo di casa, della nonna di
Andrè che cucinava e del legno dei mobili. Salì in camera
sua e trovò tutto in perfetto ordine, osservò il letto e
le tornò alla mente la sera di qualche settimana prima. Il letto
era in ordine, le coperte erano pulite e sembrava che niente fosse successo.
Si sedette sul letto e osservò la sua camicia da notte pulita, ordinatamente
distesa su di esso.
<<
Bentornato, Comandate Oscar. >>
Alzò
lo sguardo e vide una ragazza che non conosceva.
Stava
per chiederle informazioni quando..
<<
Mi chiamo Colette, Comandante, sono nuova. Sa, per me…è la prima
volta. >>
<<
..Ah, certo, benvenuta Colette. >> Osservando la ragazza si rese conto
che aveva uno sguardo altezzoso e non abbassava la testa al suo cospetto,
come erano solite fare le altre domestiche. Era strana, quantomeno particolare.
Quanti anni aveva? Venti? Era giovane ma non adolescente. Aveva i capelli
neri come il carbone e una carnagione bianchissima, non era eccessivamente
alta, ma aveva un bel corpo. Oscar si alzò e le andò incontro.
<< Colette.. - le disse - ..che bel nome, da dove vieni? >> Oscar
la sovrastava di un bel po'.
<<
Dalla Bretagna, Comandante, i miei vivono li >>
Fece
un cenno d'assenso col capo. << ..Ah, dalla Bretagna…e cosa fai a
Parigi? >>
<<
Non c'è molto lavoro dalle mie parti, quindi mia madre ha scritto
a Madame Grandier; Madame Grandier è nostra parente. >> La nonna
di Andrè era una lontana zia di Colette.
Oscar
la osservò meglio, aveva gli occhi neri e non accennava ad abbassare
lo sguardo. << Bene Colette, allora benvenuta a Parigi >>
La
ragazza la scrutò e Oscar si sentì maledettamente studiata.
<<
Comandante Oscar, sapete, voi siete conosciuto anche nel mio paese. La
vostra fama è arrivata anche da noi e io sono molto felice di potervi…servire.
>> Colette abbozzò un inchino. Oscar, per un motivo che non capiva,
si sentiva a disagio con quella ragazza, era come se avesse qualcosa, un
potere strano, capace di intrappolare gli sguardi della gente nei suoi
profondi occhi neri. Occhi neri come il carbone. Come la pece.
***
Andre'
stava scaricando la carrozza. Udì i suoi passi avvicinarsi e si
voltò.
<<
Ciao, bentornata Oscar. >>
<<
Ciao Andre', è andato tutto bene qui? >> I loro rapporti erano tornati
quelli soliti, o almeno così pareva. Sembrava che entrambi avessero
cancellato l'accaduto.
<<
Si, nessuna novità a parte la nuova ragazza… >>
<<
..Sssi, l'ho conosciuta; è un bel tipo, la trovo molto….>>
<<
"Affascinante"? >> azzardò lui inarcando un sopracciglio, e si stupì
della propria affermazione.
Oscar
lo guardò di sbieco. << ..Non direi affascinante quanto enigmatica;
mi ha detto di essere una lontana parente di tua nonna. >>
<<
Si, la nonna me l'ha detto, è stata alloggiata nella stanza di Gilbert.
>>
<<
Andre', oggi pomeriggio ho udienza dalla Regina, mi darà il nuovo
incarico, puoi ritenerti esonerato. >> quella frase gli arrivò
dritta al cuore come una stilettata in piena notte, un lampo d'acciaio
lavorato che tagliava le coltri scure. Il giovane ricordò che i
loro discorsi avrebbero ripreso la piega di quelli della sera di quasi
un mese prima, per cui evitò di proseguire.
Annuì
col capo. << ..Va bene Oscar, farò come chiedi. >>
Oscar,
nel profondo del suo cuore, si meravigliò un poco della sua pronta
risposta, e sentì che le provocava un po’ di fastidio. Con aria
un tantino stizzita replicò. << Non hai null'altro da riferirmi,
Andrè? Non hai nulla da biasimarmi questa volta? >>
Egli
sollevò lo sguardo e la fissò negli occhi. << E perché
dovrei, Oscar, hai detto chiaramente che non gradisci più la mia
presenza al tuo fianco, io sto solo obbedendo ai tuoi ordini. >>
<<
Bene, allora è deciso. >> e così dicendo si allontanò.
Andre'
la osservò finché non si fu allontanata e si rimise al lavoro.
<<
Non è facile andare d'accordo con lei, vero Andrè? >> Lui
trasalì, nessuno di loro due si erano accorti che Colette li stava
ascoltando, e chissà da quanto.
<<
Da quanto tempo sei lì? >> le chiese, visibilmente infastidito.
<<
..Beh, abbastanza da aver capito che tu ti sei preso una cotta per lei.
>> si strinse nelle spalle intrecciando le dita dietro alle natiche. Quel
fare da "finta bambina da sculacciare" lo mandava in bestia, soprattutto
contando il fatto che s'erano scambiati sì e no tre o quattro frasi
da che li avevano presentati.
<<
Non sono affari tuoi e comunque non osare impicciarti degli affari che
non ti riguardano! >> tuonò lui, visibilmente adirato. Colette era
tranquilla, aveva uno sguardo alquanto beffardo. Troppo.
<<
Non posso darti torto Andrè, il "nostro" comandante è una
persona molto affascinante, ti confesso che piace molto non solo a te…>>
confessò candidamente la ragazza, osservando da lontano Oscar che
si allenava con la spada; Andrè era esterrefatto.
<<
Ma cosa stai dicendo?! Ti proibisco di parlare così di Oscar!>>
le sibilò lui, prendendola per un braccio e voltandola verso di
sè.
Lei
si lasciò sbattere da una parte all'altra sotto il peso di quella
forte presa. Gli sorrise.
Quegli
occhi…
<<
E perché? E' forse roba tua? >> il volto di lei era ad un passo
dal suo e, per un attimo, sentì il profumo del suo corpo.
Si accorse che quella ragazza si stava prendendo gioco di lui, il suo sguardo
era sornione, consapevole del suo fascino e del potere che aveva sugli
uomini. Andrè rimase per un attimo inebriato del suo odore.
Colette
schiuse le labbra.
<<
..Andrè, ne vale la pena? >> gli sussurrò, e riprese <<
..ne vale la pena di soffrire così per una donna incapace d'amare?
>>
A
quelle parole si riprese, l'allontanò da sé, come se d'improvviso
scottasse. Colette era divertita, quasi fin troppo.
<<
..pensaci Andrè, pensaci… >> e con queste parole si allontanò.
***
Oscar
era furiosa. Gli aveva permesso di intromettersi nella sua vita. Parlare
con lui era ormai diventato impossibile, ogni volta si sentiva giudicata
e questo le era intollerabile.
Ma
"come", si chiedeva, "come" mai faceva a far finta di niente, a sentirsi
dire "sei libero", "puoi andare, non ho più bisogno di te", e rimanere
così freddamente impassibile? Proprio non lo capiva.
Possibile,
si chiedeva ancora, che si fosse già dimenticato tutto? O che addirittura
per lui quel gesto non fosse voluto dire poi quel gran che che era invece
parso a lei? Supposizioni, dubbi…le pareva d'impazzire…diamine!
Pensava
a quella notte, a quel gesto insensato, ed ecco che ora come già
dal giorno dopo il fatto le si arrossavano le gote e le si gonfiavano i
seni. "Dio, che strazio essere una donna", pensava, "e non potersene fregare
di tutte queste cose come fa un uomo…vero." Già, un uomo…vero, non
lei.
Si
guardava allo specchio e quasi non si riconosceva più. Donna, uomo?
"Dio solo lo saprà cosa sono io, in fondo", si diceva. Fissava il
proprio sguardo a lungo, insistentemente, in quello specchio della sua
camera. Nell'armadio alla sua sinistra alcuni abiti "da donna" erano lì
ad aspettarla da mesi, anni, troppo tempo. Sempre e solo uniformi. Belle,
forti, carismatiche…ma pur sempre uniformi. "..E' veramente questo ciò
che vuoi, Oscar?", si chiese.
Non
seppe darsi risposta.
***
Notte.
La
quiete delle prime ore notturne si può dire "totale", quando si
vive in aperta campagna, poco fuori Parigi, vicino a Versailles, immersi
in quel gran regno verde che è la Francia del '700.
Pochi
rumori, ben distinti, distinguibili ai più; ora un grillo, ora il
vento fra le foglie degli alberi tutti attorno alla villa Jarjayes, ora…
Passi.
…Passi
lungo un corridoio. Il pavimento in legno scricchiolava un poco, di tanto
in tanto. Ma poco, tanto lieve era il passo che lo calpestava. Passo lieve,
quello, passo di donna. Passo di giovane donna.
Nella
sua stanza, Oscar si stava svestendo per poi coricarsi.
La
camicia posta sulla sedia al fianco del letto, i pantaloni anch'essi, ella
era molto meticolosa in quei gesti. Ogni sera gli stessi, ogni volta uguali,
mai modificati.
Era,
ora, completamente svestita, stanca, e si stava massaggiando collo e spalle
con molta lentezza, quasi svogliatamente. Movimenti lenti, dolci. I suoi
bei capelli biondi, lunghi, le cadevano sulle spalle, sulla schiena, inondandola
di calda luce dorata. Una sola lampada era ancora accesa, nella stanza.
La candela al suo interno era l'unica ospite invitata ad assisterla in
quella funzione rilassante.
..O
almeno così credeva.
Di
colpo due mani lunghe, gentili, ben curate, la cinsero sulle spalle, proprio
dov'ella si stava massaggiando. Oscar trasalì. Fece per urlare…ma
tacque. Perché?
Urlare…URLARE!!!…perché
non lo faceva?
Doveva
girarsi, divincolarsi, colpire il suo aggressore e infine liberarsi il
più in fretta possibile.
Ma
non lo fece.
Stava
lì, ferma, statuaria, il corpo rigido lievemente inarcato in avanti,
ogni muscolo in piena tensione; sentì a quel punto un corpo, il
corpo proprietario di quelle mani che già aveva addosso che le si
avvicinava da dietro, lento. Si avvicinò sempre più, sempre
più. Poi, un rumore. Rumore di vesti. Vesti che cadevano a terra,
che si afflosciavano su sé stesse. Anche l'altro corpo, ora, era
nudo. Oscar lo sapeva, lo percepiva, era come se "vedesse" cosa avvenisse
dietro di lei.
Di
colpo un'altra sensazione. Doppia, turgida, che si andava a comprimere
contro la sua schiena lunga e chiara. Oscar ansimò per un attimo.
Fu splendido, disse in cuor suo, sentire in quel momento che il corpo cominciava
ad avere la meglio sulla sua ragione. Al suo corpo piaceva.
Era
questo che voleva.
Le
mani intanto avevano preso a scorrerle lungo i fianchi, a risalire, a porsi
in avanti chiudendo a coppa ciò che mai un capitano della Guardia
Reale avrebbe da mostrare, più o meno vestito che sia.
Si
sentiva toccata, palpata, studiata. Quelle mani stavano andando in avanscoperta
fin dove lei stessa raramente aveva posto la propria attenzione, come se
la sua vita le implicasse di vietarsi un po’ d'amore, anche se proprio,
ma pur sempre amore.
Oscar
tirò indietro il capo, sospirando. Chiuse gli occhi, divaricando
un poco le gambe. La sua folta chioma andò a coprire il viso della
sua attentatrice notturna. Questa, le parlò, infine.
<<
..Vi piace il mio massaggio, comandante Oscar? >>
Lei
si morse il labbro inferiore, sempre senza aprire gli occhi. << ..Lo
sapevo che eri tu, Colette. >>
<<
..per servirvi, comandante. La vostra Colette è qui per servirvi.
>>
<<
..hai..hai un bel modo di farmelo capire, Colette… >>
<<
..Le piace, mio comandante? >>
<<
..Sì… >>
La
giovane Colette si mosse felina portandosi di fronte a lei, abbracciandola.
Il
sentire i suoi seni contro i propri la fecero trasalire ancor più.
La
luce non era molta, in quella stanza, ma bastava per vederle gli occhi,
quegli occhi diabolici che la fissavano, la bramavano, la prendevano. La
possedevano.
Oscar
le prese il volto fra le mani; la guardava in volto, ora, nella sua totalità.
Se
la vide scendere giù col capo, fino a inginocchiarsi. Lì,
prese a baciarla prima leggermente, seguendo il perimetro del cespuglio
di Venere, fino a sprofondarvi con buona parte del volto.
Oscar
gemette.
I
capezzoli parevano guardare il soffitto…la schiena fremeva…il desiderio
l'aveva presa con sé.
Le
afferrò la testa con le mani, dirigendole quei baci tanto particolari
quanto piacevoli a suo gusto e inventiva. Passarono così alcuni
minuti, durante i quali mai la giovane alzò lo sguardo alla sua
preda/padrona e tantomeno quest'ultima si sognò mai di farla smettere.
***
Andrè
non riusciva a dormire.
Si
girava e si rigirava nel letto.
Pensava.
Già, pensava; e, pensando, era convinto di poter riuscire a prendere
sonno…
"..Libera
la mente…", si diceva, "..Liberala, non pensare a niente…Se non pensi ti
rilassi e poi vedrai che ti viene sonno…e allora perché penso a..a..a
Colette?"
Già,
Andrè, come mai ci pensava? Non era forse Oscar al centro dei suoi
pensieri, desideri?
Non
era forse Oscar la sua musa ispiratrice per il suo credo, l'alienazione
più totale al completo servizio della propria padrona? E allora
perché, adesso, "andava dietro a quella là"? Perché,
Andrè?
Si
rigirò di nuovo nel letto.
Basta,
si disse, se era scritto che quella sera non dovesse riuscire ad addormentarsi
allora si sarebbe alzato e avrebbe fatto due passi, magari fuori di lì,
all'aperto. Un po’ d'aria fresca, si disse, forse aveva solo bisogno di
rinfrescarsi un po’ le idee…
Uscì
dalla stanza, percorse il corridoio, prese "le scale della servitù"(sua
nonna le chiamava sempre così; lui le rispondeva sempre che "le
scale sono tutte uguali, con gli stessi gradini sia per i ricchi che per
i poveri", e quella cominciava con le sue storie fra ricchi e poveri e
non la finiva più) e raggiunse il piano delle stanze dei Jarjayes.
Si
accorse subito di una cosa.
La
porta della stanza di Oscar non era chiusa; era solo socchiusa, e una flebile
luce ne fuoriusciva.
"Si
è dimenticata di chiuderla; a volte è sbadata…", si disse.
Si
avvicinò ulteriormente, afferrò la maniglia e mentre la traeva,
nello spiraglio della porta, vide qualcosa che lo sconvolse.
Due
donne, nude, su di un letto che si amavano. Era uno spettacolo incredibile,
eccitante e meraviglioso…se non fosse che una di esse era Oscar.
***
Qualcosa
prese ad accaderle, nel suo intimo; pensieri, frasi, disperazioni…e intanto
che questi tormenti l'assillavano, la giovane Colette era riuscita a farla
stendere sul letto e le si stava accovacciando sopra, da perfetta gatta
quale era.
Oscar
piegò la testa da un lato. Stava per possederla, si disse. Era pronta.
Era…
Aprì
gli occhi.
Lo
sguardo le andò dritto alla sedia posta al fianco del letto. Vide
la camicia.
..Possedere…
La
camicia era come quella che…
..Andrè…
Il
letto…lo stesso letto che poche settimane prima…
..Possedere…
-
si guardò intorno - La stessa stanza di allora…La stessa luce…
..Andrè…
La
voleva possedere…La giovane Colette s'era impadronita della sua anima ed
ora la stava per possedere…
..Possedere…
..Andrè…
..Possedere…
..Andrè…
..la
camicia…
..Andrè…
<<
….Oh, Andrè… >>
Colette,
sorniona, approfittando di quell'attimo di smarrimento della sua padrona,
le si sdraiò completamente sul corpo, fino a coprirla interamente.
Si trovò così faccia a faccia con l'attuale amante.
Fece
toccare la punta del naso contro quello di lei.
Le
sorrise.
Le
respirò un poco sulle labbra. Gliele leccò.
<<
..volete chiamarmi così, capitano? - pausa; gliele leccò
di nuovo - ..a me va bene, se così volete, capitano… >>
<<
.. io..non…non . >>
Le
mise un dito sulle labbra.
<<
..sshhh…rilassate vi ora e godetevi il meritato riposo…>>
<<
… >>
***
L'aveva
chiamato.
Andrè
ne era sicuro. L'aveva chiamato.
Fissava
attonito qualla scena saffica già da alcuni istanti, muto, fermo.
Non muoveva un solo muscolo da tale che era stata la sorpresa. Oscar…a
letto con un'altra donna.
..E
quell'altra donna poi era Colette!
Si
chiese se fosse giusto, o meglio, se a questo mondo ci fosse mai una parvenza
di giustizia.
Lui
doveva essere lì con lei, nel letto. Non quella puttanella. Sospirò.
Aveva
i pugni serrati. I palmi sudati. La fronte gli bruciava. Le spalle parevano
pesargli tonnellate...
Ed
aveva pure un'erezione…e questa era la cosa più imbarazzante.
***
I
due corpi erano avvinghiati quasi totalmente.
Ogni
più piccolo pudore ancora sito in Oscar si poteva dire sconfitto,
così come sconfitta pareva essere l'Oscar militare, battagliera,
che si era finalmente scoperta donna e vogliosa d'amore.
Non
le importava, in fondo, con "chi" fosse quella sera, lì nel letto.
Poteva essere uomo, o donna, poco importava. Era il suo corpo che si ribellava
al suo cervello. La sua mente poteva ancora avere delle remore, ma al resto
del suo corpo non importava. Anni e anni di allontanamento forzato dal
desiderio, dall'attrazione fisica, da tutto ciò che concerneva la
sessualità l'avevano infine portata a quel baratro in cui si trovava
ora. Una caduta libera nel vortice della lussuria e, ci si ripete, non
le importava "chi" glielo facesse provare. Bastava che qualcuno "glielo
facesse provare".
Le
mani di Colette le massaggiavano i seni con moto circolare; glieli palpava
molto lentamente, scaldandoli, esibendone la sempre maggiore turgidità
dei capezzoli.
Oscar
ansimava.
Il
suo respiro era sempre più affannoso, caldo. I suoi occhi non sapevano
più dove guardare; tutto intorno era solo un vortice di sensazioni
e null'altro esisteva: i mobili, le lenzuola, Colette.
Se
da una parte Oscar pareva in continuo sull'orlo della pazzia fra lo sconvolgimento
dell'azione e il piacere derivatole, la giovane Colette sembrava completamente
a suo agio, come se quello che stava facendo fosse normale amministrazione;
era brava, esperta, calcolava i tempi prima di fare qualsiasi movimento.
Oscar
l'avvinghiava con le gambe. La stringeva a sé come se volesse farne
parte, potersi fondere con lei, in lei. Divenire un tutt'uno, e godere
per sempre.
La
giovane donna teneva una mano fra le sue cosce, ritmando lentamente
i movimenti che le davano tanto piacere e che la facevano sussultare di
tanto in tanto.
Strofinandole
il viso fra i seni, Colette la informò che..
<<
..mi sono…innamorata di voi…mio capitano… >>
<<
… >> nessuna risposta.
<<
..Si Oscar de Jarjayes, vi amo e voglio farvi godere... >>
<<
.. >> ancora nessuna risposta.
Colette
la baciò.
Il
sentirsi introdurre in bocca la lingua di quella giovane, la lasciò
sconvolta; mai avrebbe pensato di poter arrivare a tanto, mai avrebbe pensato
di andare a fare certi pensieri!
La
giovane serva, da esperta quale era, sapeva addestrarla a baciare
una donna e in pochissimo tempo, Oscar rispose a quegli slanci con foga.
In pochi istanti e già era lei stessa a guidarla nel finale
di quel tocco di labbra. La mordeva, la leccava, ansimava su di lei.
Ora
voleva essere Lei a comandare. E chi, meglio di Lei, poteva dare ordini,
impartire regole?
La
prese per le braccia e Colette, con un mugolio la segui' docilmente. La
rivoltò sotto di lei in modo da essere ora sopra la giovane..
Ora
era Lei finalmente che comandava.
La
baciò profondamente, mentre con la mano cercava il suo punto focale
fra le gambe; trovatolo, prese ad accarezzarla, a stimolarla, finché
le sue dita vollero essere uomo…
***
Andrè era più appoggiato allo stipite della porta che alla porta stessa; osservava ammutolito tutta quella incredibile scena d'amore come il più paralizzato degli spettatori. Qualunque attore di teatro avrebbe voluto uno spettatore così attento; solo che in questo caso nessuno recitava, tutto era il più naturale possibile…ed era questo a scioccarlo di più.
***
Oscar
l'amava, la stava amando.
Non
poteva farlo come un uomo, lo sapeva bene, ma Saffo l'accompagnava in quella
febbrile avventura fra le lenzuola.
L'amava
e la guardava, con quegli occhi sbarrati, vitrei, come in preda alla pazzia;
cercava informazioni, sensazioni, voleva scoprire ogni angolo più
recondito della sensualità della sua giovane compagna. Di tanto
in tanto le sfiorava le labbra, gliele mordeva, le mordeva il mento e faceva
scorrere la punta della lingua lungo la discesa del collo, fino ad adagiarsi
fra i seni gonfi.
<<
..m-mio…mio capitano…mio capitano… >>
<<
..sono io che comando, ricordatelo! >>
<<
… >> ..le parti si erano invertite.
Andarono
avanti ancora per lunghi istanti, strette, avvinghiate, sudate.
Il
loro ansimare reciproco fu l'unica musica che si sentì in quella
stanza, quella notte. Una notte di passione e di pazzia. La pazzia del
sesso, ora scherzoso, ora desideroso, ora implacabile come il volgere del
tempo. Ormai schiave di tutto ciò, ne rimasero prede fino a sfinirsi
l'una sull'altra, abbracciate, il respiro caldo, lo sguardo socchiuso.
Ma nessun sorriso.
Colette
si ritirò adagio dal letto, ormai sfatto quasi del tutto. Indietreggiò
in punta di piedi, con la fioca luce della lampada che le schiariva le
rotondità delle natiche e dei fianchi.
Si
rivestì alla bell'e meglio dirigendosi poi verso la porta, silenziosa
come una gatta che sa d'aver commesso un guaio.
Oscar
era rimasta sul letto; pareva crocifissa, ora. Le braccia aperte, le belle
e lunghe gambe abbandonate senza nessun pudore per ciò che mostravano,
fissava il soffitto come in attesa di un segnale. Quel letto che era stato
e continuava ad essere la sua croce, la stava adesso sostenendo in quell'ennesimo
momento cruciale della sua maturazione di donna nascosta…nascosta in un'uniforme.
Che le stava sempre più stretta.
<<
..adesso vattene. >>
<<
..i-io.. >>
<<
..ho detto: Vattene. >>
La
ragazza sgusciò via nell'ombra. Era un animale notturno, una bestia,
una puttana…
***
Andrè
indietreggiò in fretta; Colette stava uscendo dalla stanza, doveva
sbrigarsi ad andarsene.
Si
diresse spedito verso le scale della servitù, le salì velocemente
e si chiuse nella propria stanza.
Riuscì
a udire i passi della ragazza mentre a sua volta si rinchiudeva nella camera
a fianco.
Quindi
pianse.
Lì,
nel suo letto, rannicchiato in posizione fetale, colmo d'odio, d'ira verso
di lei, pianse per una buona mezz'ora mordendo un angolo del lenzuolo,
come un bambino. Ma con chi ce l'aveva di più? Con Colette che aveva
osato toccare e fare ciò che a lui era negato? O con Oscar che fingeva
di fregarsene.
Perché,
perché MAI doveva aver assitito a quello spettacolo cosi' orrido,
ma allo stesso tempo anche così splendido?
Ma
soprattutto, perché era dovuto accadere con LEI e non con LUI?!
LUI
che era una vita che le stava al fianco, che presente quando voleva sfogarsi
con qualcuno, quando era depressa. Ma lei no…no, andava avanti per la sua
strada, cocciuta e testarda come sempre, fino a esagerare.
Ma
per questo l'amava.
Le
lacrime continuavano a scorrergli copiose lungo il lato del viso; andavano
a spegnersi assorbite dal tessuto del cuscino al quale si afferrava quasi
impaurito.
***
Il
mattino dopo Andrè si svegliò colpito dai raggi del sole
che filtravano dalla finestra. Un gran mal di testa. Aveva dormito poco,
grazie alla devastante esperienza di cui era stato testimone.
Si
vestì, si rassettò un poco ed uscì dalla sua stanza.
Arrivò
nelle cucine della villa trovandovi la nonna che lo salutò col solito
bacio sulla fronte; per lei era sempre il suo piccolo Andrè.
Stava
per mettere qualcosa sotto i denti quando seppe dalla donna che la loro
parente, Colette, era stata "trasferita" ad un'altra famiglia nobile lì
vicino, su richiesta di madamigella Oscar in persona.
Non
chiese nulla, non voleva immischiarsi, si sedette sulla sedia e addentò
una fetta di pane, nel suo intimo pero' era felice.
Si
alzò e si diresse all'esterno della costruzione. Qui vi trovò
Oscar intenta a pulire alcune pistole. Non gli rivolse la parola.
<<
..Ciao, Oscar. ..Buon giorno. >> il suo "buon giorno" era più allusivo
che mai; peccato che Oscar non recepì un bel niente a tal proposito.
<<
..ciao... >>
<<
..dormito bene? >>
<<
..da schifo, grazie. >>
<<
… >> Come comportarsi, a questo punto? Provò a continuare.
<<
..ho saputo che.. >>
<<
..L'ho fatta trasferire dai Volanges . >> lo liquidò lei. <<
..vedrai, si troverà bene. >>
Oscar
puntò una mela posta ad una certa distanza da loro, poggiata su
una palizzata.
<<
..è tutto a posto, Oscar? >> le chiese lui, serio. Le si avvicinò
un poco, mantenendo sempre una certa distanza che le permettesse di concentrarsi
meglio con l'arma.
Oscar
sparò.
Un'istante…
..e
la mela andò in mille pezzi.
<<
..Non potrebbe andare meglio, Andrè. Preparati, andiamo a Versailles.
>>
Entrambi
decisero di tacito accordo di non parlare mai più di Colette. Una
ragazza con due occhi diabolici che, per un momento, era divenuta padrona
delle loro vite.
Marco e Alex